Concerti Torino e Milano 2011, topic ufficiale

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!aleRedHot!
view post Posted on 14/12/2011, 23:01 by: !aleRedHot!     +1   -1




Recensioni concerto Milano

CITAZIONE
“Standing in line to see the show tonight”. Così comincia la canzone By The Way dei Red Hot Chili Peppers, ed io ero lì in fila dalle 11:30 del mattino per vederli da vicino quella sera, ma alcuni coraggiosi erano sul posto già da molte ore. Per essere a metà dicembre il clima è clemente, non è troppo freddo e per fortuna niente pioggia. Col passare delle ore la fila si allunga a dismisura.

Il Forum di Assago è gremito, non c’è un seggiolino libero e nel parterre siamo stretti come sardine soprattutto dopo che Chad Smith è passato sotto il palco a elargire saluti. L’attesa è snervante, non c’è nemmeno lo spazio per togliersi il giubbotto e i venditori di bibite passano in mezzo alla gente senza fare troppi complimenti.

Ore 21:20 circa, salgono sul palco Chad Smith, Josh Klinghoffer e Flea. Le luci sono basse, è quasi buio e partono le note di Monarchy Of Roses (il singolo attualmente in radio), dopo qualche secondo fa capolino Anthony Kiedis con il suo immancabile cappellino con la scritta OFF!. Inizia a cantare e le luci sono ancora basse. Poi esplode il ritornello, le luci si accendono all’improvviso e tutti nel Forum cominciano a saltare; il parterre diventa una bolgia infernale tra spinte e spallate, qualcuno dalle prime file indietreggia in preda a crisi di panico. Il pubblico dei RHCP si esalta, e dopo più di quattro anni di attesa non poteva essere altrimenti. L’inizio è devastante, Monarchy si presta particolarmente alla riproposizione live e si capisce da subito che sarà una serata caldissima. Si salta, si canta, si urla, si spinge e soprattutto si suda. I Red Hot sul palco non si risparmiano, sono carichi come delle molle.

Le canzoni si susseguono senza pause, Flea e Klinghoffer dialogano magnificamente con le numerose jam, Anthony Kiedis salta e balla, ma soprattutto canta senza fare troppi errori, Chad Smith è un rullo compressore al quale non sfugge un colpo. Under the Bridge è da brividi, riesco a sentire a stento la voce di Kiedis perchè tutti cantano tra accendini e cellulari al cielo. Le canzoni del nuovo disco risplendono di nuova luce, Look Around è coinvolgente e nella riproposizione live emerge tutto il suo potenziale altamente esplosivo, in Did I Let You Know sale sul palco il sassofonista Domenico Mamone accolto da Flea che dice “io non parlo molto bene l’italiano, lui non parla molto bene l’inglese ma tutti e due ‘parliamo’ molto bene la musica”.

Le note positive sono tante ma a sorprendere più di tutti è il nuovo arrivato Josh Klinghoffer. Tutti siamo arrivati qui con la curiosità di scoprire le abilità del giovane chitarrista, ha gli occhi di tutto il Forum puntati addosso, e lui passa l’esame a pieni voti. Nelle jam con Flea è impeccabile così come nelle canzoni, forse manca un po’ nei cori ma avrà il tempo per migliorare anche quelli. Inutile dire che è stato molto sottovalutato.
E il regalo più grande ai diecimila spettatori lo fa proprio lui cantando Io Sono Quel Che Sono di Mina in un italiano da dieci e lode. Josh stasera entra nel cuore di tutti i fan, con buona pace dell’ancora amatissimo Frusciante. Una grandissima nota di merito va anche alla scenografia e alle luci. Gli schermi mobili sono un’idea geniale e le illustrazioni sono da pelle d’oca (in particolar modo in Under the Bridge e Californication). Le luci accompagnano in una sincronia perfetta la musica che viene dal palco e sicuramente contribuiscono a coinvolgere ancora di più il pubblico.

Dopo quasi due ore esco dal Forum, il concerto è finito eppure mi sembrava di essere entrato solo dieci minuti prima. Intorno a me sembrano tutti soddisfatti della prova che i Red Hot ci hanno regalato. Sono sudato in ogni parte del corpo, sono senza voce, ho la schiena a pezzi, non mi sento più i piedi da quanto ho saltato e sicuramente ho qualche livido di troppo, ma sono felice come poche volte lo sono stato in vita mia. I RHCP sono vivi, hanno un’energia che molti gruppi non possono nemmeno sognare ma soprattutto hanno lasciato dentro me la sensazione che il futuro sarà ancora ricco di sorprese. Dopo quasi trent’anni, dopo 70 milioni di dischi venduti, dopo aver vinto tutto e dopo essere entrati nella Rock and Roll Hall Of Fame, questi ragazzi californiani si divertono ancora. Il peperoncino non è mai stato così piccante.

rockisland.it

CITAZIONE
La lunga jam session dei Red Hot

MILANO - A un certo punto anche i pompieri e i sempre rigidi uomini della sicurezza non sono riusciti a star fermi: potere dei Red Hot Chili Pepper che domenica sera hanno incantato un Forum stracolmo. Sì, incantato, a dispetto di qualche nuvola che aleggiava sulla band californiana, una delle più popolari del pianeta se stiamo agli ultimi 25 anni. Ce la farà il nuovo chitarrista, John Klinghoffer a non far rimpiangere la storica e romanzesca colonna John Frusciante? E riuscirà a cantare come si deve Anthony Kiedis, non sempre efficacissimo dal vivo? Questi i due interrogativi di fondo che molti si ponevano, prima del concerto. Missione compiuta per entrambi.
ULTIME HIT E PIETRE MILIARI - Due ore intense, dove sono sfilati gli ultimi successi (da Monarchy of Roses a The Adventures of Rain Dance Maggie) ma anche le pietre miliari della prima (la quasi primigenia Me and My Friends o Breaking the Girl, tratta dal capolavoro assoluto Blood Sugar Sex Magik), quelle con cui i Red Hot hanno forgiato un suono e un’indole, sempre distinguibilissimi al primo ascolto, in mezzo ad altri mille. I fan lo sanno e partecipano: saltano (con i pompieri e i bodyguard) o cantano all’unisono (mozzafiato su Under The Bridge, inno sempiterno, cartolina dagli anni’80 dell’eroina e della solitudine), alzando al buio gli “accendini postomoderni”, i cellulari.

L’ESPERIENZA IN PIU’ - Kiedis non delude, la voce è nitida, mentre il giovane Josh ben duetta con Flea, ancora capace di inventare magie col caro vecchio basso. Può capitare che uno quella nota proprio non la prenda. O che la chitarra dell’altro non si inserisca perfettamente nell’intreccio sonoro. Ma son smagliature: uno show dei Red Hot, domenica l’han dimostrato, è l’esperienza in più, il concerto come valore aggiunto e non la mera riproposizione dell’ultimo cd. Kiedis e soci possono improvvisare, fermarsi e invitare un sassofonista milanese (Domenico Mamone) , sembra una lunga jam session, come a molti altri illustri colleghi loro, vittime della scaletta preordinata e del perfezionismo arido, non capita più. Anche i pompieri ( e i bodyguard) lo sanno.

milano.corriere.it

 
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2 replies since 9/12/2011, 17:34   679 views
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